| La descrizione utilizzata nel titolo di questa discussione non è minimamente da intendere in senso negativo, essa è tratta dallo stesso libro "Il paese più stupido del mondo" di Claudio Giunta.
Si tratta di un saggio, potremmo definirlo così anche se dei saggi non ha ne la forma ne le parole (Niente parole impossibili per il lettore medio italiano, anzi, alcune espressioni sono proprio terra terra). Un saggio contenuto in un libricino la cui lettura scorre veloce e vi ritroverete ad divorare interi capitoli in pochi attimi, ma al contempo è un saggio che non si pone alti obiettivi, non vuole dire nulla di profondo, non vuole andare alla ricerca dell'essenza più intima del Giappone, no. Per questo Giunta cita altri autori e spesso non in toni tanto lusinghieri.
Giunta riesce a scrivere in poche righe quella strana sensazione che si prova quando siamo di ritorno da un viaggio in Giappone, quel senso di assoluta eccitazione per aver visto qualcosa che "Non è noi", un qualcosa di completamente diverso dai canoni strettamente occidentali. Dopotutto come dare torto all'esempio dell'autore? Chiunque torni dal Giappone parlerà per settimane e settimane di quello che ha visto in quella terra, stressando a più riprese parenti e amici, ma ciò non succede invece se facciamo un viaggio altrettanto lungo in paesi come la Francia, o la Spagna o anche gli USA. Tali paesi in fin dei conti sono tutti "uguali" nella loro diversità, nulla di interessante, nulla di rilevante, ma il Giappone no, il Giappone è una continua sorpresa.
Le prime domande sul Giappone sono scontate, è normale che lo siano, specie se il turista è solo di passaggio, un turista per l'appunto. Ma più si sta in quel posto, più le domande diventano complesse e le risposte interessanti, sempre che sia possibile dare delle risposte in un paese che sfugge agli schemi occidentali.
Il Giappone (che per inciso, non è il paese più stupido del mondo ma viene visto tale dai detrattori di tale cultura) sembra veramente un universo a parte e Giunta ce lo descrive con una serie di incontri che ebbe a Tokyo per due mesi, durante un soggiorno di lavoro. Se da un lato traspare comunque la rigidità dei comportamenti tipicamente giapponesi (inchini a non finire, modestia al limite della paranoia) dall'altro si delinea la profonda sincerità di un popolo che si apre all'occidente ma rimanendo ben legato alla propria tradizione (lo dimostra il fatto che nessun straniero possa diventare cittadino giapponese, nemmeno dopo mezzo secolo di residenza in terra nipponica), un popolo che sembra schiacciato da un'infinità di regole ma tali regole fanno funzionare un paese che di fatto, stando a recenti studi, è affossato economicamente, con un debito pubblico a dir poco mostruoso.
Si parla di regole, non a caso. Giunta contrappone la serietà e se vogliamo possiamo anche dire l'artificialità giapponese alla spontaneità degli europei, con occhio di riguardo agli italiani. Ma in questo caso, quello italiano per l'appunto, la spontaneità si trasforma molto rapidamente e facilmente in pura e semplice maleducazione, si potrebbe dire che è a causa di questa nostra spontaneità che l'italia non da i frutti che dovrebbe dare. Una spontaneità che oltre alla maleducazione genera, il più delle volte, inefficienza.
Giunta fa un esempio fantastico, traendo il dato da un autore da lui citato. Se i treni italiani fossero uguali a quelli giapponesi, il freccia rossa non sarebbe un treno veloce, sarebbe, fatti i dovuti confronti, un treno supersonico. I tempi di percorrenza si dimezzerebbero e anche di più. Senza contare poi la pulizia.
Ma non sono tutte rose. Giunta alla fin fine si dimostra affascinato da tale terra, ma sa bene che essa presenta anche delle anomalie, o forse siamo noi occidentali che le consideriamo tali, mentre i giapponesi le vivono come cose normali (anzi, sicuramente è così). Ma l'autore fa notare che proprio contro queste anomali si scagliano i detrattori del giappone che esagerano le anomali stesse. Si dice, ad esempio, che i giapponesi sono dei muli da lavoro, che lavorano 12 ore al giorno. Nulla di più falso, i giapponesi stanno in ufficio per 12 ore, non necessariamente lavorano in tutto questo tempo. Si dice, poi, che i giapponesi lavorano così tanto che sono costretti a passare le notti nei capsule-hotel perchè hanno perso l'ultimo treno. Anche questo è falso perchè in realtà la gente va nei capsule-hotel non tanto perchè finisce tardi di lavorare ma perchè preferisce uscire a far baldoria con gli amici (anche se anche per il concetto di baldoria dovremmo riflettere, non è come la nostra) e i colleghi non appena usciti dal lavoro. Si dice, infine, che il giappone è il paese più caro al mondo, anche questo è falso, il più delle volte i prezzi sono inferiori a quelli di Milano e Roma e con 7 euro mangi benissimo e con 15 mangi da re, alla faccia di Roma e Milano, dove quattro cavolate nel posto più misero e decadente te le fanno pagare dai 30 ai 70 euro.
Il paese più stupido del mondo dunque si prefigura, di contrasto, proprio l'Italia, assorta in un qualunquismo generalizzato, dove tutti sono d'accordo e si impegnano a fare una sola cosa : Non fare nulla.
Questo libro apre la mente, specie per il già citato fatto che non pretende di esser profondo. Si raccontano esperienze dell'autore
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