Lezioni di Giapponese, Seconda Lezione: Le strutture di base

« Older   Newer »
  Share  
MiticamenteMe
view post Posted on 21/7/2011, 14:25




Benvenuti alla seconda lezione.



Chiariti alcuni aspetti di base della lingua giapponese è arrivato il momento di addentrarci nelle regole di base della grammatica nipponica.

Al di là delle indubbie difficoltà a capire cosa significano le singole parole, scopriremo che il giapponese non è tanto dissimile al latino in alcune sue regole. Alcune particelle grammaticali indicheranno la funzione della parola che le precedono un po' come le desinenze delle declinazioni indicano i casi latini (nominativo, genitivo, dativo e via discorrendo).

Ma prima di approfondire la funzione delle singole particelle, analizziamo i primi tre tipi di frase: La frase copulativa, la frase esistenziale e la frase dinamica. In una successiva lezione impareremo anche altri tipi di frasi tra cui quella subordinata.

Iniziamo:

Frase copulativa



Di fronte all'aggettivo "copulativa" molto spesso, purtroppo, gli studenti italiani sembrano perdersi in un bicchier d'acqua, non riuscendo a comprenderne il significato.
Capire come funziona la frase copulativa in italiano è fondamentalmente per comprendere la traduzione in italiano.
Una frase si dice copulativa quando il verbo essere che in essa compare ha valore di copula, ovvero collega due termini distinti.
Esempio : Questo è un libro
Il verbo essere spiega che cosa è "questo", in tal senso il verbo essere è copula.
Tuttavia: Il libro è sul tavolo non è una frase copulativa, in quanto il verbo essere è inteso come "stare" e non ha altre funzioni.

Chiarita questa distinzione possiamo analizzare la traduzione in giapponese
La frase copulativa si rende secondo questa semplice struttura.

Sostantivo + WA + Sostantivo + DESU.
Questo è un libro diventa : Kore wa hon desu
Dove "Kore" significa "questo" e "hon" significa "libro".

Nella frase copulativa giapponese (come succede tra l'altro in quella italiana) i due sostantivi non possono mai esser scritti attaccati.
Un'altra opportuna precisazione, attenti a non confondere il valore di "Questo". Nel caso analizzato "questo" viene definito, in italiano, aggettivo sostantivato, ovvero un aggettivo che ha valore di sostantivo.
Il "Questo" utilizzato nella frase sopra è ben diverso dal valore che esso assume in una frase del tipo "Questo libro è sul tavolo", infatti in tal caso "Questo" è semplicemente aggettivo riferito a libro.

In giapponese la particella WA solitamente segue il soggetto, ma attenzione, l'avverbio solitamente non è usato a caso. In generale WA identifica il soggetto, ma in altri casi non è così.
DESU è la copula, ovvero corrisponde al nostro "è", in giapponese i verbi non hanno ne persona ne numero

Forma negativa:
La forma negativa della frase copulativa è molto semplice da formare.
"Questo non è un libro" si traduce rispettando la seguente formula:
Sostantivo + WA + Sostantivo + DEWA ARIMASEN.
La frase presa ad esempio si traduce dunque con un "Kore wa hon dewa arimasen"

Forma interrogativa positiva:
La forma interrogativa positiva della frase presa in esame sarebbe : "Questo è un libro?", essa si forma con la seguente struttura : Sostantivo + WA+ Sostantivo+ DESU+ KA
Dunque la frase sarebbe : Kore wa Hon desu ka"

Forma interrogativa negativa:
La forma interrogativa negativa in italiano suona come : "Questo non è un libro?"
Essa si traduce con la formula : Sostantivo + WA + Sostantivo + Dewa Arimasen+ka
Ovvero sarebbe : "Kore wa hon dewa arimasen ka"


La frase esistenziale



La frase esistenziale italiana si verifica quando il verbo esser è usato nel senso di "esserci" ovvero di "stare" "trovarsi", e in questo si distingue dalla frase copulativa analizzata fino ad ora.

Va detto che qui bisogna distinguere se il soggetto è una cosa è una persona/animale.

Prendiamo una cosa e inseriamola nella frase : "C'è un libro"
In giapponese per le cose si rispetta tale struttura : Sostantivo + GA + ARIMASU
La frase tradotta sarebbe dunque : "Hon ga arimasu"

Prendiamo invece una persona/animale, in questo esempio un animale : "C'è un cane"
La frase rispetta la struttura : Sostantivo + GA + Imasu.
Ovvero la traduzione sarebbe "Inu (cane) ga Imasu"

Notiamo subito che il WA è stato sostituito da GA, ebbene, nella frase esistenziale il WA NON può esser usato. Il GA identifica il soggetto.

Frase negativa:
Molto semplicemente al posto di Arimasu si mette Arimasen e al posto di Imasu si mette Imasen.

Dunque : "Non c'è un libro" diventa "Hon ga arimasen" e "Non c'è un cane" diventa "Inu ga imasen"

Frase interrogativa positiva.
Ad esempio : "C'è un libro?" e "C'è un cane?"
Esse si costruiscono come la frase positiva analizzata all'inizio, e si aggiunge un ka alla fine, dunque risultano essere rispettivamente : "Hon ha arimasu ka" e "Inu ga imasu ka"

Frase interrogativa negativa.
Semplicemente si prende la forma negativa e si aggiunge KA alla fine.
Quindi : "Non c'è un cane?" diventa "Inu ga imasen ka"
Quindi : "Non c'è un libro?" diventa "Hon ga arimasen ka"

La frase dinamica


Ora aprite molto bene le orecchie...mhm anzi no, gli occhi.
La frase dinamica risponde alla domanda : "Che cosa fa?" ed ovviamente può esser retta da verbi intransitivi come anche dai verbi intransitivi.

"Io vado a roma" è una frase dinamica retta da un verbo intransitivo ("andare")

"Io mangio una mela" è una frase dinamica retta da un verbo transitivo (mangiare)

Lo chiarisco, magari alcuni se lo sono dimenticati, per distinguere un verbo transitivo da un verbo intransitivo bisogna porsi la domanda "Chi?" e "Cosa?" i verbi transitivi ammettono una risposta logica : "Io mangio una mela" i verbi intransitivi no, nell'esempio di prima il verbo andare regge al massimo la risposta alla domanda : "Dove?"

Fatta questa distinzione prendiamo ad analizzare i verbi intransitivi nella frase dinamica.

Prendiamo i due verbi intransitivi più comuni ovvero andare e venire.
In giapponese il verbo andare è il verbo "IKU" (行く), il verbo venire si traduce invece con "Kuru" (来る)
Entrambi i verbi indicano movimento e quindi necessitano (come succede in italiano) di proposizioni che indicano tale movimento e che introducono il complemento di moto a luogo. In giapponese esistono due particelle che fanno ciò, la proposizione "E" (へ che letteralmente sarebbe la sillaba HE) e "NI" (に). La differenza tra le due è minima, "E" si concentra più sulla direzione del movimento, "NI" invece sulla destinazione.

Un esempio:
"Quella persona va a Roma", supponendo che "ROMA" sia la sua destinazione la frase diventa "Ano hito wa Roma ni ikimasu"

Ovviamente vi sono poi i verbi transitivi, prendiamo il verbo "scrivere" (Kaku, 書く)
Io scrivo una lettera diventa : "Watashi wa tegami O kakimasu"
Notate che nella frase con i verbi transitivi la proposizione usata è O (を che letteralmente significa WO).

E con questo si conclude la seconda lezione. Nella successiva lezione prenderemo in esame alcune note grammaticali per far si che le nostre parole siano disposte nel giusto ordine all'interno della frase e analizzeremo le frasi subordinate (relative e oggettive), ovviamente con un po' di spiegazione in italiano, visto che sono considerate le più ostiche nella nostra lingua.

Vi lascio con la curiosità del giorno: Sapevate che in Giappone le mascherine che molti portano per le vie di Tokyo non sono a causa dello smog della città, ma piuttosto perchè i giapponesi considerano lo starnutire in pubblico un atto poco educato? Ricordatelo se vi trovate in terra nipponica

Fonte del corso: Giapponese Corso completo di Marina Speziali, Giunti.
Per l'acquisto: ISBN 978-88-08-75207-8

Edited by MiticamenteMe - 21/7/2011, 16:02
 
Top
0 replies since 21/7/2011, 14:25   720 views
  Share